Zazmpata Zeman, il suo Lugano è salvo

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Alla fine l’ha spuntata lui ma il bello deve ancora venire. Zdenek Zeman è riuscito nell’impresa di salvare il Lugano, club neo promosso nella massima divisione del campionato svizzero, grazie ad una squillante vittoria per 3-0 nell’ultimo incontro stagionale in casa contro il già salvo San Gallo. Tre punti fondamentali che hanno permesso così ai ticinesi di mantenere il punto di vantaggio sull’ultima in classifica, l’unica che retrocede nel campionato a dieci squadre, ovvero lo Zurigo vittorioso anch’esso in rimonta per 3-1 contro il Vaduz. Proprio la squadra della capitale, appena retrocessa quindi, sarà l’avversario del Lugano nella finale della Coppa Svizzera, dove il boemo avrà la chance di poter vincere il primo trofeo della sua carriera. Un piccolo miracolo quello di Zeman perchè il suo Lugano alla vigilia veniva dato un po’ per spacciato, con una ossatura di giocatori italiani come Urbano, Picinocchi e Mastalli, poi a gennaio tornato al Milan, provenienti dalle nostre serie inferiori o dai settori giovanili, a dimostrazione che il tecnico boemo si trova perfettamente a suo agio quando si tratta di allenare giocatori semi sconosciuti ma con la fame di emergere.

Da Zemanlandia alla capitale

Un altra nota di merito per Zeman in una carriera fatta di alta e bassi, di grandi amore e di grandi delusioni ma anche di tanti amici e altrettanti nemici. Dopo essersi fatto le ossa in Sicilia con il Licata e il Messina, dove lancerà un giovane Totò Schillaci, è a Foggia che tutto il mondo lo nota portando i rossoneri prima in serie A, poi facendolo salvare per tre volte nel massimo campionato. Poi la parentesi capitolina, prima sulla panchina della Lazio e poi su quella dei cugini giallorossi con più che discreti risultati. Fatto più unico che raro è quello di esser passato tranquillamente sulle due sponde del Tevere restando sempre amato dai tifosi, con ancora tanti bar e locali Roma che al suo interno hanno una foto del boemo. Fin qui gli alti poi una serie di bassi tra Turchia, Serbia, Napoli e Brescia, per poi rilanciarsi alla grande ancora a Foggia e poi a Pescara, che riporterà in Serie A, prima dei flop con la Roma e a Cagliari. Un girovagare e un’altalena di risultati contraddistinti però sempre dalla sua fedeltà al 4-3-3, ormai marchio di fabbrica, e dalla sua onestà intellettuale, dote ormai sempre più rara in questo calcio diventato quasi totalmente asservito allo show mediatico.