IL MERLOT DE LA CURA:

Merlot La Cura, 100 % Uve Merlot.


La Cura si trova in un luogo di confine, dove la storia è ancora viva e ben fedele alla tradizione religiosa: Cura Nuova, in provincia di Grosseto a pochi km da Follonica. 

La cantina sorge nell’area vinicola di Massa Marittima, che ha nel Monteregio il vino di riferimento. La storia del vino nella famiglia Corsi nasce nel 1968 quando il babbo Andrea Corsi, dopo aver acquistato la vecchia azienda agricola basata sull’orticoltura e cerealicoltura, decide di impiantare due ettari di vigneto dando così vita ad una lunga avventura che dura ancora oggi.  Risalgono al 1999 le prime bottiglie di bianco, mentre il primo rosso a Doc Monteregio di Massa Marittima arriverà nel 2000. Lavora assieme al babbo, Andrea, il figlio Enrico Corsi, appassionato vignaiolo dedito direttamente alla parte tecnico operativa, personalità a cui si deve l’attuale successo aziendale. Sarà  nel 2001 che il Merlot La Cura, vino di punta della tenuta, entrerà nel mercato. Il Merlot La Cura vincerà svariati premi e riconoscimenti: nel 2010 è stato il vincitore del concorso dei “Migliori Merlot d’Italia di Aldeno (Trento)”, con il Merlot La Cura 2008; 2° nella categoria Doc al concorso anno 2014 “Migliori Merlot d’Italia di Aldeno (Trento)” con il Merlot La Cura 2012; per non parlare delle ottime valutazioni ottenute dai critici del Gambero Rosso che gli hanno riconosciuto i 2 bicchieri.

Prima di approcciarsi alla degustazione squisitamente tecnica si sottolinea quella che è l’anima che contraddistingue la cantina: il BIOLOGICO; la produzione segue un attento approccio ecologico sia per la lavorazione del suolo che delle vigne, grazie anche alla stabile collaborazione e coordinamento dell’Università di Pisa che è anche il principale partner tecnico de La Cura. Si evidenzia che, anche in cantina, in sede di “lavorazione” del vino, gli interventi enologici sono decisamente ridotti al minimo.

DEGUSTAZIONE: Rosso rubino, vellutato ed intenso. un merlot di proporzioni perfette: un fiato profondo e suggestivo, un’arcata soave, in bilico tra i sentori della primavera e gli umori autunnali, ti trascina in una lunga camminata che parte dai fiori e ti conduce alle zolle lavorate; il sorso è ampio, a trama fitta, sembra di perdersi in un bosco: ribes, bacche rosse, prugne mature…qualche violetta quà e là. Si percepisce una evocazione chiara del terroir: non semplice, ma complesso ed intenso. Ha degli equilibri cristallini, slancio e delicata maestosità: le note balsamiche e di erbe medicinali emergono lievemente e solo dopo i primi sorsi, donando al palato un’improvvisa sensazione di freschezza appuntita. Sento poi un profumo intenso di mora di rovo, di mirtilli e susine scure. Di gran corpo e concentrazione.  La consistenza è ampia e piacevolmente densa, vibrante. I tannini sono docili ed equilibrati. Stupisce per il finale lungo e persistente, interminabile.  Un vino che zittisce, un Signore, vero, dall’anima nobile senza però scadere nel barocco ed in pesanti virtuosismi